Di Daniela Fedi
Il cervello è un organo plastico, ovvero modificabile in base a fattori come esperienze, pensieri e apprendimenti: in base a come usiamo il nostro tempo, al tipo di vita che conduciamo.
Il cervello non va considerato solo come organo incapsulato dentro di noi, ma anche come un organo sociale, che cresce attraverso la stimolazione delle interazioni interpersonali e le esperienze. Nasciamo infatti con un equipaggiamento fisiologico e psicobiologico che rimane esposto alla cultura umana, per ogni giorno della nostra vita.
Il cervello è dunque un organo sociale, plasmato da abitudini e ambiente.
Sta a noi decidere se sottoporlo ad abitudini virtuose o nocive.
Le pratiche di consapevolezza, come la mindfulness, sono senz’altro una buona abitudine.
Ormai è stato dimostrato che praticare mindfulness produce effetti neuronali significativi, come la stimolazione dell’ipotalamo a produrre un ormone importantissimo per il nostro benessere, la dopamina.
La relazione tra i livelli di dopamina cerebrale e le pratiche di mindfulness, infatti, è stata oggetto di vari studi che indicano come la meditazione mindfulness possa influenzare l’attività dopaminergica nel cervello. La dopamina, un neurotrasmettitore cruciale, svolge un ruolo vitale nella regolazione dell’umore, della cognizione e della motivazione e i suoi livelli possono essere influenzati da diversi stati psicologici e fisiologici, inclusa la meditazione consapevole.
Le neuroscienze hanno dimostrato che la meditazione consapevole può portare a cambiamenti nell’attività cerebrale associati al rilascio di dopamina. Knytl e Opitz (Knytl & Opitz, 2018) discutono di come l’esperienza di meditazione sia collegata ad alterazioni nell’apprendimento per rinforzo, che è mediato dai percorsi della dopamina. Suggeriscono che l’attivazione dei circuiti dopaminergici durante la meditazione può aumentare la densità dei recettori della dopamina nella corteccia cingolata anteriore (ACC), una regione del cervello coinvolta nella regolazione emotiva e nel processo decisionale. Ciò si allinea con i risultati di Liu e Utama (Liu & Utama, 2014), che hanno osservato un aumento dell’attività delle onde theta nella corteccia prefrontale durante la meditazione consapevole, indicativo di una maggiore consapevolezza e impegno cognitivo, che può essere correlato con l’attività dopaminergica.
Inoltre, l’allenamento alla consapevolezza è stato associato a funzioni cognitive migliorate, come la memoria di lavoro e l’attenzione, anch’esse influenzate dai livelli di dopamina. Mrazek et al. (Mrazek et al. 2013) hanno scoperto che l’allenamento alla consapevolezza riduce il vagabondare della mente e migliora la capacità di memoria di lavoro, potenzialmente attraverso meccanismi che coinvolgono la modulazione della dopamina. Ciò è supportato dal lavoro di Ranganath e Jacob (Ranganath & Jacob, 2016), che evidenziano l’influenza significativa della dopamina sui processi cognitivi, suggerendo che la mindfulness può ottimizzare la funzione dopaminergica, migliorando così le prestazioni cognitive.
I correlati neurobiologici della meditazione mindfulness sono stati anche esplorati nel contesto dell’impulsività e della regolazione emotiva. Lo studio di Korponay et al. (Korponay et al. 2019) indicano che la meditazione mindfulness favorisce una posizione non reattiva nei confronti di pensieri ed emozioni, che può aiutare a regolare i comportamenti impulsivi. Questo è fondamentale, poiché l’impulsività è spesso collegata a sistemi di dopamina disregolati, in particolare in condizioni come l’ADHD.
D’altro canto, l’interazione tra dopamina e consapevolezza può essere compresa anche attraverso la lente dell’elaborazione della ricompensa. È noto che la dopamina viene rilasciata in risposta a stimoli gratificanti, che possono includere i sentimenti positivi associati alle pratiche di consapevolezza. Hagerty et al. (Hagerty et al. 2013) forniscono prove che la meditazione può stimolare i sistemi di ricompensa del cervello, suggerendo che gli aspetti piacevoli della consapevolezza possono essere mediati dal rilascio di dopamina. Ciò è in linea con i risultati di Wenzel et al. (Wenzel et al., 2014), che discutono di come il rilascio di dopamina sia modulato in modo differenziale da stimoli positivi e negativi, sottolineando la complessità del ruolo di questo neurotrasmettitore nell’elaborazione emotiva e cognitiva.
In sintesi, le prove suggeriscono che la meditazione mindfulness può migliorare le funzioni cognitive e la regolazione emotiva. Questo effetto è mediato da vari meccanismi neurali, tra cui l’attivazione di percorsi dopaminergici e i cambiamenti nei modelli di attività cerebrale associati alle pratiche di consapevolezza.
References:
Hagerty, M., Isaacs, J., Brasington, L., Shupe, L., Fetz, E., & Cramer, S. (2013). Case study of ecstatic meditation: fmri and eeg evidence of self-stimulating a reward system. Neural Plasticity, 2013, 1-12. https://doi.org/10.1155/2013/653572
Knytl, P. and Opitz, B. (2018). Meditation experience predicts negative reinforcement learning and is associated with attenuated frn amplitude. Cognitive Affective & Behavioral Neuroscience, 19(2), 268-282. https://doi.org/10.3758/s13415-018-00665-0
Korponay, C., Dentico, D., Kral, T., Ly, M., Kruis, A., Davis, K., … & Davidson, R. (2019). The effect of mindfulness meditation on impulsivity and its neurobiological correlates in healthy adults. Scientific Reports, 9(1). https://doi.org/10.1038/s41598-019-47662-y
Liu, M. and Utama, N. (2014). Meditation effect on human brain compared with psychological questionnaire. International Journal of Information and Education Technology, 4(3), 264-269. https://doi.org/10.7763/ijiet.2014.v4.410
Mrazek, M., Franklin, M., Phillips, D., Baird, B., & Schooler, J. (2013). Mindfulness training improves working memory capacity and gre performance while reducing mind wandering. Psychological Science, 24(5), 776-781. https://doi.org/10.1177/0956797612459659
Ranganath, A. and Jacob, S. (2016). Doping the mind. The Neuroscientist, 22(6), 593-603. https://doi.org/10.1177/1073858415602850
Wenzel, J., Rauscher, N., Cheer, J., & Oleson, E. (2014). A role for phasic dopamine release within the nucleus accumbens in encoding aversion: a review of the neurochemical literature. Acs Chemical Neuroscience, 6(1), 16-26. https://doi.org/10.1021/cn500255p